Artificiali da spinning: la velocità di affondamento Pt.2

Buongiorgio a tutti voi ‘cosi’ (se ti chiami Giorgio allora anche meglio)! In questo approfondimento troverete la continuazione del primo (ma va?!?!?) sugli artificiali da spinning e la loro velocità di affondamento.

Nella Parte-1 abbiamo introdotto il concetto di affondamento di un’esca, la classificazione, la spinta di quel gran figo di Archimede ed il legame tra la velocità di affondata e la treccia.

Tra i vari concetti si era anche introdotto quello di “velocità limite” ed abbiamo infine visto che:

La velocità di affondamento è la velocità limite che un determinato artificiale, nella sua posizione d’assetto normale, può raggiungere in acqua

Ecco, adesso cercheremo di capire (sempre per GRANDISSIME linee) da cosa è determinata questa “velocità limite” e, grazie a questa, riusciremo anche a capire perchè esiste il cosiddetto “effetto ded-leaf” nei nostri amati Metal-Jigs che vi introdussi tempo fa nel primo articolo sugli artificiali da spinning.

Il paracadutismo spiegato malissimo…ma proprio male male male eh!

Avete presente quei film in cui la tizia (perché qui siamo galantuomini) da salvare cade dall’areo e l’eroe si lancia dopo anche diversi secondi e COMUNQUE riesce a raggiungerla per poi aprire il paracadute?

Se ci affidassimo alla semplice fisica del punto materiale questo non sarebbe assolutamente possibile, ricordiamoci però una cosa: noi NON siamo adimensionati e NON viviamo in assenza di aria ed attriti vari!

Dunque un corpo che cade in un fluido (che sia acqua o aria) è soggetto non solo all’accelerazione gravitazionale che lo attira verso il basso, ma anche a tutto un insieme di forze di attrito che si oppongono a questo moto di “caduta libera“.

Come mai allora l’eroe riesce a raggiungere la bella gnocca (per poi certamente riscattare IL PREMIO) nonostante si sia lanciato dopo?

Dovete sapere infatti che QUALUNQUE corpo in caduta libera all’interno di un fluido (esattamente per come detto riguardo alla velocità di affondamento) ad un certo punto smette di accelerare per raggiungere uno stato in cui la sua velocità di caduta resta costante.

Ma secondo ‘sta roba COMUNQUE il nostro eroe mandrillone non riuscirebbe a raggiungere la gnocca!

Ecco dunque che ci aiuta un altro grandissimo figone della storia della fisica…

STOKES…Vi giuro, non metterò ne una formula ne un numero…nemmeno uno!

Salviamo la donzella grazie alla velocità di affondamento…aspetta, cosa?

In pratica il raggiungimento di questa velocità limite altro non è che il momento in cui la Forza Peso del corpo in caduta viene eguagliata dalla somma della forza di Archimede e dell’insieme delle forze di resistenza del fluido.

La forza peso del corpo è sempre uguale (vi ricordate? prodotto massa per accelerazione gravitazionale), così come la forza di Archimede: capite dunque che l’unica variabile è la resistenza del fluido.

Da cosa dipende questa resistenza?

Dalla velocità, da un numero adimensionato chiamato “numero di Reynolds” e dalla geometria del corpo in esame.

Sappiamo già che l’attrito dinamico aumenta all’aumentare della velocità di un corpo (ricordate l’approfondimento sulla fluidità del drag di un mulinello?), ed il numero di Reynolds…beh, ho promesso niente formule e numeri…

Cosa ci resta?

La geometria del corpo!

Senza troppe complicazioni possiamo dire che: all’aumentare della “superficie di contatto” aumenta anche la resistenza dell’aria, DUNQUE, la velocità limite diminuisce.

Potrei parlarvi di proiezioni, di proprietà fisiche, ecc. ma vi spiegherò la superficie di contatto in maniera semplice e veloce:

Immaginiamo di tuffarci da una bella scogliera.

Se ci lanciamo a chiodo entriamo in acqua velocemente “bucando” la tensione superficiale del mare, qualora atterrassimo di pancia…beh, lo sapete vah…

In pratica a “chiodo” offriamo una superficie di contatto molto ridotta ottenendo una risposta in termini di “frenata” molto più bassa rispetto a quella che otterremo “di pancia“.

E’ esattamente come l’esempio della mano fuori dal finestrino dell’auto che vi descrissi nella prima parte dell’approfondimento sulle palette dei minnow

Esempio Mattia Famoso

Ecco, se la bella donzella che cade dall’aereo si posiziona “di pancia” ed il nostro eroe si mette bello dritto “a chiodo“, vedremo che entrambi staranno offrendo una superficie di contatto diversa.

Questo fa’ in modo che i due soggetti si muovano con velocità limite differenti.

Il nostro eroe potrà finalmente riscattare il suo BEL PREMIO…

Si ok, mo che centra ‘sta roba con la velocità di affondamento e gli artificiali da spinning?

Differenza_Assetto_Mattia_Famoso

Come ormai tutti sappiamo al giorno d’oggi il 99% delle hard-baits (jerk e minnow più di tutti) possiedono dei sistemi di spostamento di pesi interni.

Questi (e lo vedremo bene nel dettaglio negli approfondimenti dedicati a questi artificiali) ci permettono di aggiungere alle proprietà intrinseche delle esche anche una buona capacità di lancio.

Non solo (e questo lo vedremo nei Long-Jerk) un buon sistema di pesistica interno permette anche un movimento più deciso in acqua.

Il concetto è che questi sistemi interni di fatto spostano il baricentro (non il “centro di Bari” miraccomando…che battuta triste e mediocre) cambiando l’assetto dei nostri artificiali.

Dunque, immaginate di avere un Long-Jerk classificato come “Slow-Sinking” e di lanciarlo in acqua.

La sua massa interna (a meno di sistemi di ritorno automatico) sarà spostata tutta in coda: il risultato è che la nostra esca sarà “fuori assetto” mettendosi inclinata o, in base alle masse in esame, quasi perpendicolare rispetto al piano.

State capendo dove si sta’ arrivando?

Come dicevamo nella prima parte di questo approfondimento, un artificiale Slow-Sinking legato al nostro filo ad un certo punto smette di affondare a causa dell’azione frenante della treccia floating.

Questo se l’esca è in “assetto” e quindi (come nel caso della donzella in pericolo) “di pancia“…ma se fosse “a chiodo“?

Capite subito che l’esca inizierebbe a scendere indefinitamente: in pratica noi penseremo di stare pescando nei primi strati d’acqua mentre magari il jerk sta’ toccando il fondo.

Differenze Assetto Affondamento Mattia Famoso

Non solo questo, un affondamento errato puo’ anche portare ad ingarbugliare le ancorette con il terminale: a me capitava spesso con i deep-divers affondanti.

Oltre questo un “pesce” che affonda perpendicolarmente all’acqua SOLITAMENTE non risulta appetibile ai nostri cari predatori.

Come risolvere il problema?

Semplice: se il vostro artificiale non ha un sistema di ritorno automatico di pesi interni (es. una molla) date una bella jerkata subito dopo che questo avrà toccato l’acqua.

Questo farà in modo che le masse tornino tutte al loro posto per rimettere in assetto l’esca.

Inoltre conoscendo questi princìpi possiamo iniziare a comprendere (anche se bisognerebbe aggiungere qualcosina) quello che sta’ dietro la caduta dei Jig e delle Hard-Baits affondanti!

Ho capito una cosa però: questo approfondimento è già diventato lungo e sul Dead-Leaf e lo “sfarfallìo” dedicherò certamente un articolo a parte.

Passiamo avanti e parliamo di come a casa possiamo determinare l’affondamento di un esca della quale magari non abbiamo informazioni precise.

Lo so, basterebbe riempire una vaschetta ed immergere l’esca, ma qui noi siamo più analitici e, cosa ancor più importante, vogliamo dare anche un aiuto a chi volesse cimentarsi con l’autocostruzione di un artificiale.

Soprattutto nel determinare esche Slow-Floating/Sinking o Suspending.

Prendiamo lo “scatolone fabricone”!

Cosa troviamo dentro?

Un classico cilindro graduato (a casa lo abbiamo tutti dai!), una bilancia, un pezzetto di fil di ferro e dell’acqua…FINE!

Iniziamo con il pesare la nostra esca e segnare la massa da qualche parte (segnatevi la massa in Kg).

Se l’artificiale non affonda attacchiamo il fil di ferro ad un’estremità e, dopo esserci segnati il volume iniziale (V0) dell’acqua nel cilindro graduato, immergiamo totalmente l’esca e registriamo il “nuovo” volume (V1).

La differenza “V1-V0” altro non è che il volume dell’artificiale (e si, anche di un trascurabilissimo pezzettino di fil di ferro) in Litri.

Semplicemente adesso basterà dividere la massa dell’esca per il suo volume (appunto V1-V0) ed avremo la densità.

Avendo la densità dell’artificiale e conoscendo quella dell’acqua (in media nel mediterraneo è CIRCA 1,029 Kg/l) possiamo confrontare i due valori.

Come?

Semplicemente dividendo la densità del nostro artificiale per quella tabulata dell’acqua.

Troveremo che:

  • Valori maggiori di 1 -> Artificiale Sinking
  • Se uguali ad 1 -> Artificiale Suspending
  • Valori minori di 1 -> Artificiale Floating

Altro dettaglio aggiuntivo può certamente essere il conoscere quando la velocità di affondamento è “SLOW“.

Empiricamente possiamo dire che “una Hard-Bait ha velocità di affondamento SLOW-Sinking/Floating quando la sua densità differisce al massimo del 3% rispetto a quella dell’acqua in cui è immerso“.

Dunque, se il rapporto risulta essere MAGGIORE di 1 ma minore-uguale a 1.03 allora il la nostra esca sarà SLOW-Sinking.

Al contrario se il rapporto risulta MINORE di 1 ma maggiore-uguale a 0.97, allora l’artificiale sarà SLOW-Floating.

E per chi volesse cimentarsi nella costruzione di un esca?

Vuoi autocostruirti un’esca ma non vuoi impelagarti in 10000 tentativi differenti totalmente al buio che rischierebbero, tra le altre cose, di rovinare il tuo lavoro?

Vorresti sapere quanto piombare ESATTAMENTE la tua eschetta per ottenere la velocità di affondamento che desideri AL PRIMO COLPO?

BENE!

Sappi che qui, ed UNICAMENTE QUI, troverai due formulette (ricavate dal sottoscritto e TESTATE) per sapere quanta zavorra mettere!

Non solo questo…ti secchi a prendere la calcolatrice?

Subito sotto troverai un link ad un foglio di CALCOLO AUTOMATICO in cui inserire i dati a tua disposizione ed ottenere DIRETTAMENTE la massa necessaria!!

Partiamo intanto dalle formulette che vi mostro qui di seguito e subito dopo le spieghiamo:

Calcolo_massa_aggiunta_Mattia_Famoso

Spieghiamo velocemente

ALLORA!

Quella specie di “P” che trovate scritta è la lettera ‘ρ‘ dell’alfabeto greco e si legge “RO“: questa lettera rappresenta la “densità” (miraccomando in Kg/Litri)…

…’V‘ è ovviamente il VOLUME (ricordatevi, in LITRI)…

…’m‘ è la MASSA (in Kg)…

Cosa dobbiamo sapere:

  • m1‘ è di fatto quello che ci serve: la massa della zavorra da aggiungere
  • ρ‘ è la densità dell’artificiale che VOGLIAMO OTTENERE
  • ρ1‘ è la densità della zavorra (ad. esempio il Piombo ha una densità di 11,34 Kg/l)
  • ρ2‘ sarà il valore della densità dell’artificiale SENZA zavorra (quello che calcoliamo noi con il procedimento fatto prima grazie al cilindro graduato)
  • V‘ è il volume della nostra esca (sempre ricavato grazie al cilindro graduato)

Sostituite dunque i valori alla seconda formula ed otterrete la zavorra da aggiungere in Kg.

VI ROMPETE LE SCATOLE!?!?

ECCOVI QUI IL CALCOLATORE AUTOMATICO DI ZAVORRA!!!!

Inserite i dati necessari ed otterrete quello che vi serve!

Se doveste avere dei problemi (Es. qualcuno che contemporaneamente sta’ lavorando sul foglio) scaricatevelo serenamente in formato Excel ed usatelo sul vostro PC o smartphone a piacimento!

Fine secondo tempo sulla velocità di affondamento…

Anche la seconda parte di questo approfondimento si conclude qui.

Avrei potuto dirvi da dove ho preso questa “famosa” tolleranza del 3% per ottenere un assetto “SLOW“…devo ancora parlarvi del dead-leaf, ma ormai questo articolo è un po’ troppo lungo.

DUNQUE!

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Per il resto come sempre vi saluto,

STAY TUNED…e Buongiorgio a tutti…


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